Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d’acqua natia
rimanga né cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d’avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!
Ora lungh’esso il litoral cammina
La greggia. Senza mutamento è l’aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquio, calpestio, dolci romori.
Ah perché non son io cò miei pastori?
(Gabriele D’Annunzio)
Ogni settembre mi torna in mente questa poesia, studiata alle scuole elementari e ripresa poi in quelle successive. Rileggendo e ripetendo questi versi immaginavo fin da piccola le alte cime d’Abruzzo che non avevo ancora avuto occasione di visitare. Pecore, in una massa a forma di nuvola bianca con dei contorni e delle macchie più grigiastre. Pecore, piacevolmente costrette a discendere strade tortuose per arrivare al mare, tanto sognato. Pastori, stanchi, affaticati e un po’ assonnati, intenti a raggrupparle, incitarle e raccoglierle in gruppi informi durante la discesa.
Della poesia mi ha sempre colpito il verso: “Ah perché non son io cò miei pastori?” Come se fossi io il poeta, avrei voluto e tuttora vorrei essere uno di quei pastori per tornare al mare, vederlo comparire da lontano. Mare appena vissuto, goduto, ammirato e sospirato e poi lasciato al suo posto, là, lontano dalla città. Nostalgia del periodo assolato e spensierato delle vacanze appena trascorse lungo le sue rive. La testa ancora vuota e leggera di quei giorni caldamente vissuti, con la speranza e la presunzione di avere a disposizione ancora alcune ore prima che si riempia di problemi quotidiani, delle solite lamentele sul traffico, lo smog, la crisi economica, tutte vere e tutte lecite.
Mi sfiora a tratti la malinconia, pensando ad una terra circondata dal mare, piena di verde e colorata di buganvillee e gelsomini, al pesce appena pescato, al nuotare, al camminare, all’esplorare, ma anche al rilassarsi e al riposare. Il chiacchierare, il passeggiare, il fermarsi ad ascoltare. Tutte queste emozioni mi rimbalzano dal cuore alla testa. Visioni, immagini, brevi fotogrammi del film delle vacanze. Il mare solcato da gabbiani che si fermano a banchettare sulla spiaggia per poi tornare la sera a dormire sulle barche ormeggiate al porto.
Tramonti, uno più suggestivo dell’altro e albe segnate dalla luce che entra dalla tenda e fringuelli che ci cantano sopra. Sole, che aumenta di calore nella giornata e poi ombra e relax sotto grandi pini marittimi. Nuotare e fare sport e rinforzare muscoli e polmoni. Poi visitare, cittadine e baie, passeggiare la sera lungo stretti viali pieni di negozi caratteristici in cerca di musica dal vivo e di specialità da gustare.
Tutto questo mentre ripongo negli armadi ai loro posti, costumi, teli mare, abbigliamento da spiaggia, pinne, maschera e boccaglio, insomma l’insieme degli oggetti vacanzieri che rispolvererò solo la prossima estate e affido i miei pensieri e qualche ricordo a questo post, al mio caro blog, ritrovato fresco e riposato come un girasole appena sbocciato!
Allora settembre, andiamo! E’ tempo di … continuare il viaggio del blog!
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