Ogni due anni WWF presenta il Living Planet Report, un resoconto documentato con dati scientifici e tecnici sullo stato del Pianeta.
La versione riassuntiva italiana del documento presentato a Milano lo scorso 30 settembre si apre con parole poco confortanti:
“Questa ultima edizione del Living Planet Report non è per i deboli di cuore.
Un punto chiave che emerge è che il Living Planet Index (LPI), che analizza più di 10.000 popolazioni di mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci, è diminuito del 52 % dal 1970.”
Cattive notizie, quindi: le dimensioni delle popolazioni delle specie di vertebrati sono dimezzate. Purtroppo sono proprio queste le specie che costituiscono il tessuto degli ecosistemi, che sostengono la vita sulla Terra e ci danno indicazioni su quello che stiamo facendo al nostro pianeta, che è la nostra unica casa.
Stiamo usando i doni della natura come se avessimo più di una Terra a nostra disposizione, prelevando dai nostri ecosistemi e processi naturali più di quanto loro siano in grado di rigenerare, ciò significa che stiamo mettendo a rischio il nostro stesso futuro.
L’economia. Il nostro sistema economico è del tutto fuori luogo. Si continua a puntare sull’economia e si ottiene che aumentano i costi per l’ambiente. Dipendiamo dai sistemi ecologici, la sostenibilità sociale ed economica è possibile soltanto in un pianeta in buona salute.
Sembra una contraddizione occuparsi di protezione della natura mentre molte persone vivono in povertà: non è così, perché soprattutto per le popolazioni più povere, la natura è l’unica fonte di vita e sostentamento. Aiutando la natura, si aiutano questi popoli a sopravvivere.
Un pianeta vivente. La perdita degli ambienti naturali ed il loro progressivo degrado, la caccia e i cambiamenti climatici costituiscono le maggiori minacce che incombono sulla biodiversità a livello mondiale.
Come abbiamo visto, dal 1970 al 2010, si è dimezzato il numero di mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci che con noi condividono il pianeta. Lo stato della biodiversità mondiale è oggi peggiore che nel passato. L’indice del Pianeta Vivente (Living Planet index, LPI) mostra un declino del 52%.
Si perde biodiversità sia nelle regioni temperate, che in quelle tropicali, ma soprattutto in quest’ultime. In America Latina troviamo la situazione più drammatica: questa parte di mondo ha perso l’83% della sua biodiversità.
Le cause sono la perdita di habitat e il loro degrado, lo sfruttamento diretto attraverso caccia e pesca e i cambiamenti climatici.
L’impronta ecologica. Allo stato attuale, ci occorre 1+1/2 Pianeta per vivere. Troppo, perché di pianeti a disposizione ne abbiamo uno soltanto. Così facendo, continuiamo a diminuire lo stock delle risorse disponibili e ad accumulare rifiuti.
La biocapacità totale del pianeta è passata da 9,9 miliardi di gha (gha=ettari globali) a 12 miliardi di gha, tra il 1961 e il 2010. Durante lo stesso periodo, però, la popolazione umana globale è cresciuta, passando da 3,1 miliardi di abitanti a quasi 7 miliardi (oggi siamo oltre 7,2 miliardi), riducendo di conseguenza la disponibilità di biocapacità pro capite da 3,2 a 1,7 gha. Nel frattempo, l’Impronta Ecologica è cresciuta da 2,5 a 2,7 gha pro capite.
La dimensione e la composizione dell’Impronta Ecologica pro capite di una nazione sono determinate dai beni e servizi utilizzati in media da una persona in un determinato paese e dall’efficienza con cui le risorse, inclusi i combustibili fossili, vengono utilizzate per provvedere a produrre questi beni e servizi.
La strada verso lo sviluppo sostenibile. I paesi a basso reddito hanno le Impronte Ecologiche più piccole ma soffrono delle perdite più significative degli ecosistemi.
Per un paese raggiungere uno sviluppo sostenibile globale significa avere un’Impronta Ecologica pro capite inferiore a 1,7 gha, il massimo che si può raggiungere senza arrivare all’overshoot globale, ossia al sorpasso tra utilizzo e disponibilità di risorse.
Gli esseri umani hanno vissuto un periodo stabile di condizioni ambientali negli ultimi 10.000 anni, il periodo geologico conosciuto come Olocene, che ha reso possibile alle comunità umane di giungere alle moderne società attuali.
Ma il mondo ora è entrato in un nuovo periodo, l’Antropocene, nel quale le attività umane costituiscono la causa maggiore di cambiamento su scala planetaria.
Ci sono, invece, tre confini planetari che abbiamo già sorpassato: la perdita di biodiversità, i cambiamenti climatici e la modifica del ciclo dell’azoto.
Perché dobbiamo (preoccuparci e) occuparci dei cambiamenti climatici? I cambiamenti ambientali riguardano tutti noi. Il benessere e la prosperità dell’umanità, di fatto la nostra vera esistenza, dipendono da ecosistemi in buona salute,
Cibo, Acqua, Energia. Nel 2050, secondo le previsioni attuali, saremo in 2 miliardi aggiuntivi agli attuali: la sfida di fornire, a ciascun essere umano, cibo, acqua ed energia è veramente significativa.
Oggi quasi 1 miliardo di persone soffre la fame, 768 milioni vivono senza la disponibilità di acqua pulita e 1,4 miliardi non hanno accesso all’energia elettrica.
Il cambiamento climatico, la distruzione degli ecosistemi e delle risorse naturali provocano un ulteriore peggioramento della situazione. Mentre i poveri della Terra continuano ad essere i più vulnerabili, la sicurezza della disponibilità di cibo, acqua ed energia ci riguarda tutti.
Proteggere la natura ed utilizzare le risorse in maniera responsabile sono i prerequisiti per lo sviluppo umano e il benessere e per costruire comunità resilienti e in salute.
La strada davanti a noi. Non si può evitare il continuo declino dell’Indice del Pianeta Vivente (LPI), né la crescita della nostra Impronta Ecologica. Ma i modelli di business che si focalizzano sui profitti a breve termine falliscono completamente; abbiamo modalità inefficienti e impostazioni distruttive nei modi di generare e utilizzare l’energia, nei meccanismi di pesca, di raccolta del cibo e nelle modalità di trasportare beni e persone.
La “Prospettiva WWF di un solo Pianeta” ci fornisce qualche idea, attraverso una serie di decisioni pratiche:
- È necessario convertire gli investimenti fatti verso ciò che causa problemi ambientali e trovare le soluzioni.
- È necessario attuare scelte ecologicamente informate su come gestire le risorse che dobbiamo condividere.
- È necessario preservare il nostro restante capitale naturale, proteggere e restaurare importanti ecosistemi e habitat ed è necessario produrre meglio e consumare in maniera più saggia.
Questo post è un po’ più “tecnico” del solito, anche se ho cercato di ridurre al minimo i termini poco noti e poco comprensibili. Spero comunque che i numeri riportati e le frasi chiave possano rimanere in mente perché il tempo che resta per invertire la rotta dei nostri comportamenti è ormai davvero poco…
La versione italiana del report (riassuntiva di quella in inglese originale) è scaricabile a questo link.
Questa è la versione originale del report in inglese.
Nota: i dati, alcune frasi e le ultime due grafiche sono tratte dalla versione italiana del report. © WWF. 2014. Living Planet Report 2014: People and places, species and spaces. [ McLellan R., Iyengar L., Jeffries B. and Oerlemans (Eds)]. WWF, Gland, Switzerland. © 2014 WWF. All rights reserved.
0 commenti