Divagazione sulla grammatica. Spesso la dimentichiamo o la trascuriamo, mi riferisco alla grammatica. Proprio così, la grammatica ogni tanto ci fa difetto e parlo assolutamente in prima persona.
Oggi ho scoperto tramite Il blog del mestiere di scrivere che alla grammatica viene dedicata un’intera giornata: venerdì 17 ottobre 2014 ci sarà una maratona radiofonica dedicata all’italiano e alla grammatica su Radio3. Si potrà seguire la giornata tramite i social network: gruppo facebook La Lingua Batte – Radio3 e con gli hashtag #giornataproGrammatica e #adottaunsegno su Twitter – @Radio3tweet. Il tema di quest’anno sarà la punteggiatura.
Inoltre la settimana che va dal 20 al 25 ottobre 2014 sarà la quattordicesima Settimana della lingua italiana nel mondo con gli Stati Generali che si svolgeranno a Firenze il 21 e 22 ottobre 2014.
Sempre grazie a Il blog del mestiere di scrivere, scopro che nell’anno 2014, alcuni errori non sono più considerati tali: un po’ mi spiace, perché ero abituata, ma d’altra parte tiro un sospiro di sollievo per quelle volte che l’errore scappa, così veloce e si mimetizza tanto che quando te ne accorgi è… troppo tardi. Ecco cosa ho trovato nel blog di Luisa Carrada:
Dieci cose che non bisogna vergognarsi di dire (o di scrivere) in italiano
«Credo che hai torto» (invece di «Credo che tu abbia torto»). Perché il congiuntivo è sacro, ma non alla seconda persona singolare. E perché chi crede davvero in qualcosa deve usare l’indicativo.
«Io e Antonio» (invece di «Io ed Antonio»). Perché la “d” eufonica si scrive solo quando si pronuncia.
«A me mi» (invece di «a me» o «mi»). Perché a Roma lo dicono senza problemi. E perché, trattandosi della combinazione di un pronome tonico e di uno atono, non può essere considerata una vera ripetizione.
«Gli ho detto» (invece di «ho detto loro»). Perché loro è l’unico pronome dativo a essere dotato di accento proprio, a non potersi combinare con altri pronomi («me lo», «te lo», «glielo», ecc.; ma non «ho dato loro lo»), a non potersi allacciare a un infinito verbale, e a essere impiegato, salvo rarissime eccezioni, dopo il verbo. Perché insomma, gli è molto più comodo.
«Lui rispose» (invece di «egli rispose»). Perché lui è un pronome molto più duttile e molto meno impegnativo di egli.
«Non c’è niente che ho bisogno» (invece di «non c’è niente di cui ho bisogno»). Perché nel che polivalente prima o poi ci caschiamo tutti, mica solo Jovanotti.
«Sé stesso» (invece di «se stesso»). Perché «se stesso» è l’eccezione («il pronome sé si scrive sempre accentato tranne quando precede stesso») di un’altra eccezione («i monosillabi in italiano non sono mai accentati, salvo alcuni omografi»). Dunque, è una colossale sciocchezza.
«La maggior parte dei miei amici sono stranieri» (invece di «la maggior parte dei miei amici è straniera»). Perché in certi casi nulla ha più senso della concordanza a senso.
«Ha nevicato» (invece di «è nevicato»). Perché sulla meteorologia è impossibile mettere tutti d’accordo.
«Qual’è» (invece di «qual è»). Perché l’ortografia non è tutto. E perché pur sapendo benissimo che è sbagliato, quando sono sovrappensiero lo scrivo così anch’io (come dov’è, cos’è, quand’è).
Qual è è la forma corretta (anche se qualche volta mi scappa l’apostrofo) ed era rimasto uno degli ultimi baluardi grammaticali di cui andavo fiera e sicura e che rispetto, perché questa novità non mi convince del tutto. Invece dico “ola per Jovanotti” perché trarre frasi dalle canzoni è bellissimo, a mio parere 🙂
E voi, cosa ne pensate di queste novità grammaticali?
Dopo questa divagazione grammaticale, perdonatemi, torno alla natura e vi do appuntamento a fine settimana con un post a … sorpresa 🙂 Non perdetevelo!
io in grammatica ho avuto sempre pochissimi dubbi e problemi. almeno in italiano. ti suggerisco anche “ma però”! 🙂