Il racconto di Mauro Corona sul suicidio nel mondo animale, mi ha suggerito un post della rubrica “Natura e Lettura” che trova spazio anche nella cronaca recente con la notizia di un cigno suicidatosi in un lago in Cina.
Qualche mese fa ho letto il libro di Mauro Corona dal titolo “Cani, camosci, cuculi (e un corvo)” e ho trovato tanti spunti per la rubrica “Natura e Lettura”. Questa volta, però, oltre ad essere riflessioni personali che hanno un qualcosa di attuale, il tema che mi ero segnata ha avuto anche un riflesso nella cronaca, con la notizia del cigno suicidatosi in un lago in Cina.
Il suicido in natura nel racconto di Corona. Il racconto “Il cane suicida” parla di uomo che è convinto che il suo cane si sia suicidato. Non solo, è convinto che il suicidio esista anche nel mondo animale e in quello vegetale. Secondo il protagonista, infatti, anche i fiori si suicidano.
Nel brano chi vi propongo, il fiore al quale Corona si riferisce potrebbe essere il Cardo dei Lanajoli (Dipsacum fullonum L.) ma è solo un’ipotesi (anzi, se conoscete il fiore detto anzicioco, fatemi sapere di quale fiore si tratta):
Andammo avanti a parlare di suicidi nei quali l’uomo non c’entrava, e più lo provocavo, più tirava fuori morti volontarie di ogni specie, persino di fiori. Disse che anche i fiori, se non si sentono amati, si lasciano morire. “Alcuni” precisò “crepano di paura”.
Raccontò che, quando falciava i prati sterminati della Palazza, un fiore molto bello che noi chiamiamo anzicioco, alto un metro con un fiocco azzurro in cima, reclinava il capo e moriva appena sentiva il fruscio della falce avvicinarsi.
Alla fine, dopo avermi illustrato con fantasia inarrestabile un congruo numero di suicidi animali e vegetali, mi parlò di un suo cane e di come si uccise dopo sei anni di pacifica convivenza. Si chiamva Stort, che significa storto.
Il caso di cronaca: il suicidio di un cigno in Cina. La scorsa settimana ho letto di un caso di suicidio animale e mi è tornato in mente il brano che vi ho riproposto. Si tratta di un cigno che viveva nel lago Sanmenxia, nella provincia dell’Henan, in Cina. Una signora lo ha fotografato e ha raccontato così del suo suicidio:
Ho guardato oltre il lago e ho visto un cigno giovane, accanto a un altro cigno morto. Ho pensato che quest’ultimo fosse morto per il freddo e la vecchiaia, ma in ogni caso il giovane cigno sembrava molto afflitto. Ha iniziato a sbattere le ali con foga e poi si è calmato, o almeno così ho pensato. Ma poi ho capito che stava tenendo la testa sott’acqua e poco dopo è morto.
Sembra che il cigno più vecchio fosse un genitore o un parente del cigno giovane. Quando il cigno anziano è morto, “il giovane ha emesso dei suoni di dolore e dei lamenti” (secondo il racconto della donna) e poi si è suicidato
Il suicidio esiste anche nel mondo degli animali: è riconosciuto da etologi e zoologi. Spesso gli animali arrivano al suicidio in caso di forte stress, come è stato visto ad esempio negli orsi della luna.
Altre volte è l’istinto della sopravvivenza della specie a far sì che un individuo si sacrifichi in favore della sopravvivenza della colonia o del gruppo al quale appartiene. Ad esempio, le termiti dette “kamikaze” possono farsi esplodere, liberando un liquido dal loro addome, evitando così che il nemico arrivi al loro nido e distrugga tutta la comunità. Sono di solito individui anziani che si sacrificano a favore del gruppo. Si è parlato spesso di suicidio di massa anche nel caso degli spiaggiamenti di balene o delfini, ma anche per mucche e tori, pecore e alci.
È noto il caso del suicidio di animali di affezione, cani sopratutto. Molte volte sentiamo parlare di un cane che si lascia morire dopo la perdita del padrone. Sembra che il primo caso documentato risalga al 1845 quando l’Illustrated London News raccontò di un terranova che si lasciò morire per annegamento.
Cosa non sappiamo del suicidio nel mondo animale è fino a che punto gli animali siano consapevoli del suicidio (cioè quale sia il loro grado di coscienza della morte). Quando parliamo di suicidio per stress o per difesa della colonia e della prole, possiamo dire che interviene l’istinto di sopravvivenza del gruppo (della specie, appunto) a discapito del singolo individuo. Ma nel caso del singolo animale (del cane che perde il padrone per esempio) non sappiamo dire quanto l’animale sia consapevole di quello che sta facendo.
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