Anche quest’anno non mi sono persa la mia mostra naturalistica preferita: Wildlife Photographer of The Year, e anche quest’anno mi ha meravigliato, fatto sognare, ma anche riflettere.
Wildlife Photographer of The Year è un prestigioso concorso di fotografia naturalistica, nato nel 1965 e curato dal Natural History Museum di Londra e da BBC Wildlife Magazine. A questa cinquantesima edizione hanno partecipato 42.000 fotografie e le 100 immagini finaliste sono esposte a Milano fino al 23 dicembre 2015, a cura dell’associazione culturale Radiceunopercento, per la prima volta presso la Fondazione Luciana Matalon, vicino al Castello Sforzesco.
La natura nella sua bellezza è qui esposta. Amo fotografare, da dilettante e con una semplice fotocamera automatica, e posso dirvi che non è facile. Occorre occhio, pazienza, spostarsi, aspettare, provare nuove e differenti inquadrature e se poi si parla di fotografare la natura, è ancor più difficile. Perciò, ammiro molto chi fa il fotografo naturalista.
Le foto sono spettacolari. Fanno sognare la natura, gli animali, le piante e i paesaggi e sembra di essere lì, protagonisti, sulla scena. Oltre alle immagini, amo di questa mostra le didascalie. Ti raccontano com’è nata la foto. Com’è difficile attendere il momento giusto in acqua, immersi in mare, sotto il sole o sotto la pioggia. A volte l’attesa è ripagata e si riesce a fotografare proprio quell’animale in quel particolare momento. Altre volte, invece, capita che mentre si voleva fotografare un gallo cedrone si presenta un ragno o un geco, ma la foto è ugualmente qualcosa che ripaga del lavoro e dell’attesa. Le didascalie raccontano anche di una natura bella e selvaggia, ma molto minacciata, soprattutto dagli esseri umani e dalle loro azioni.
Un’idea generale della mostra è quello che vorrei raccontare in questo post. Perché poi, dopo essermi sorpresa e meravigliata, dopo aver ammirato la natura nella sua bellezza, mi hanno fatto riflettere proprio quelle didascalie, quello che accade alla natura per opera dell’uomo.
Uno degli ambienti più fotografati è l’ambiente terrestre. Si scoprono cose straordinarie della natura e allo stesso tempo, si legge ciò che non si vorrebbe. Un leopardo che dorme sugli alberi, una specie minacciata dalla competizione con l’uomo, tanto che la popolazione globale è scesa da 15.000 individui a 10.000. Dei pipistrelli, i vespertini di Daubenton, che in inverno vanno in letargo in una stanza a 0°C, mentre fuori ce ne sono -25°C e perdono fino al 40% del loro peso. Un gruppo di Primati che si stringono per farsi caldo, della specie gelada, ultima sopravvissuta e confinata nelle gole rocciose di altipiani in Etiopia. Uno gnu che durante la migrazione incontra un’incendio e si rompe una zampa: si salverà, ma resterà menomato per sempre, durante il viaggio che coinvolge 1 milione di questi animali. Una salamandra papà che protegge le uova e la tana. Una rana di vetro in Costa Rica, ma che difficoltà a trovarla con tutte le dita dei piedi: di solito, uno viene tagliato per esperimenti sul DNA.
Che spettacolo il serpente verde della vite e com’è stato difficile cogliere il suo sguardo intenso, in una zona di hotspot di biodiversità come le catene montuose Western Ghats in India. E che bello il topo sul fungo, con una zanzara che gli ronza attorno e sullo sfondo la luna piena. C’è poi la meraviglia degli Aironi nello spazio e nel tempo, lì nel lago, con la costellazione dell’Orsa Maggiore alle spalle.
Ma anche l’acqua non scherza e a fotografare nei fiumi e nei mari non è per niente facile. Ecco allora lo spettacolo dei pesci cardinale tra le gorgonie, la bellezza delle verdesche nel mare del Portogallo, il momento di relax delle stenelle dal lungo rostro. E ancora i delfini della Florida che cacciano con una tecnica particolare, muovendo l’acqua e creando “anelli di fango” e le femmine delle tartarughe olivacee che si riuniscono assieme, in una sola notte, in un’unica spiaggia a deporre le uova.
Il mondo è degli Invertebrati e anche quest’anno molte fotografie sono dedicate a loro. Ai colori che avvertono del pericolo e della tossicità nel mollusco nudibranco, alla caravella portoghese che è un insieme di 4 specie di polpi, al ragno cacciatore notturno (Eusparassus xerxes) , ai Gerridi, gli insetti pattinatori. Ci sono le cubomeduse urticanti e il piccolo calamaro trasparente, ma anche il termitaio e le elateridi nella notte – “La notte delle luci spettrali” – a raccontarci di una ricerca durata 10 anni in Brasile, della bioluminescenza delle termiti per catturare le loro prede e della minaccia alla sopravvivenza dei termitai dovuta all’avanzare dei campi coltivati.
Anche il Regno Vegetale è molto fotografato. Ci sono le mangrovie che resistono alla forza degli uragani con la loro bellezza e le loro radici che proteggono la terra e la costa dall’erosione, i viticci della zucca selvatica che formano una chiave di violino e le ninfee rosa per l’età. Il silenzio, la pace e la leggerezza dei faggi nella neve e la betulla argentata, con la sua corteccia bianco-argento tra la nebbia e le crepe scure sul tronco, ora abitate dai licheni e dalle alghe.
I colori della natura sono qualcosa di spettacolare, si sa, ma alle volte la natura dà il meglio di sé nelle foto in bianco e nero. C’è sempre una sezione loro dedicata, qui alla mostra Wildlife Photographer of the Year. Un ragno nella trama della pala di un fico d’India e un suo simile, il falangio (Phalangium opilio, L.) un opilionide, tra l’erba. Le razze, diavoli di mare, che nuotano sul fondale marino e le gru damigella della Numidia, belle ed eleganti, ne sono rimaste meno di 300.000 in tutto il mondo. La foto che mi ha molto impressionato in bianco e nero è “Un sudario di neve”: una volpe morta sul terreno, la sera. La notte nevica e l’animale è ricoperto da un sottile strato di neve, come se la natura ne avesse voluto coprire il corpo con un bianco lenzuolo. “Il freddo della morte e la vulnerabilità della natura” sono ben rappresentate in questo scatto che ci ricorda come ormai le volpi siano numerose nelle periferie delle città (se ne contano 150.000 nelle aree urbane) e la competizione tra loro sia molto forte.
Per finire la sezione dedicata alla Terra, ai suoi elementi, ai suoi aspetti fisici e rocciosi. I ghiacciai, dal colore blu intenso, sono accanto alle dune di sabbia. L’aurora boreale verde nell’Islanda e i delta dei fiumi che sembrano alberi visti dall’alto. Il vento, le ombre e le forme, insieme a laghi secchi e prosciugati sui quali animali lasciano tracce ben visibili.
Bella anche la sezione “Creatività e tecnica”: come la tecnologia aiuta gli scienziati, i fotografi e i musei. La foto “Trachee a forma di albero” è un vetrino, fotografato al microscopio, che mostra l’apparato respiratorio di un baco da seta e racconta come gli Insetti respirano tramite una serie di trachee a forma di albero.
Tutto questo è la mostra Wildllife Photographer of the Year. Tutto quello che ho cercato di raccontare, ma per restare senza fiato occorre visitare la mostra e lasciarsi “toccare” dalle fotografie 🙂 Dopo lo stupore e la meraviglia, però, c’è anche spazio per la riflessione sull’uomo e sulla natura. Ma questo, sarà l’argomento del prossimo post.
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