Venerdì scorso sono stata al LAC di Lugano per la presentazione alla stampa della mostra dedicata a Meret Oppenheim, una delle artiste più celebri del Novecento e vi ho trovato molta natura e favole.
La giornata era piovosa, con qualche fiocco di neve e mi ha permesso di vedere Lugano immersa in una leggera nebbiolina, familiare a noi milanesi. Grazie all’invito di DDLstudio ho fatto parte del gruppo stampa che ha potuto seguire presso il LAC di Lugano la presentazione della mostra “Meret Oppenheim. Opere in dialogo da Max Ernst a Mona Hatoum” e visitarla in anteprima. Vi racconto quel che mi ha colpito, il punto di vista non di un’esperta d’arte, ma di chi cerca di farsi meravigliare dall’arte stessa.
Meret Oppenheim (1913-1985) è una delle artiste più celebri del Novecento. Una donna piena di fascino e dalla forte personalità. Una figura centrale nella scena artistica degli Anni Trenta. Come hanno detto alla conferenza stampa i curatori della mostra, Guido Comis e Maria Giuseppina Di Monte, non era facile per un’artista donna convivere con artisti uomini. Meret è stata descritta come modella, ma anche come musa ispiratrice. Era difficile farsi notare nelle gallerie d’arte che lasciavano poco spazio alle donne, ma allo stesso tempo, Meret è riuscita a imporsi con la sua bravura, il suo talento, e anche col suo carattere ribelle e indipendente. Ha sofferto per anni di depressione, probabilmente come conseguenza di questa lotta con sé stessa e con il mondo.
Il percorso della mostra. La mostra ha un suo percorso diviso per temi. Questo ha permesso di far dialogare le opere di Meret Oppenheim con quelle degli altri artisti contemporanei. I temi sono quelli del rapporto tra cibo e sessualità, tra corpo e indumento, tra donna e natura, fino ad arrivare al tema del travestimento, con le numerose maschere che l’artista creava per varie occasioni. Le sezioni che si trovano in mostra sono: riflessi dada e surrealisti, corpo e materia, sogni e archetipi, creature della natura, maschere, fra terra e cielo, autoritratti, amici e ritratti.
Le fiabe e la natura. Sono queste le due sezioni che mi hanno maggiormente colpito. Si trovano oggetti, come i guanti, il tavolino, le tazze e le scarpe, che sembrano animati, che manifestano segni di una vita propria. Il tavolo con le zampe d’uccello o i guanti sul quale scorrono vasi sanguigni come fossero delle seconde mani. Nel mondo della natura e delle fiabe Meret Oppenheim rappresenta i vari mondi possibili del genere femminile. Donne di pietra, senza arti, fatte solo di spirito oppure trasformate in creature silvestri, in mostri o serpenti. La donna oggetto, immagine o spirituale.
L’artista amava molto la terra, osservava il cielo e rappresentava astri. Un dualismo molto evidente: da un lato l’attaccamento alla terra, la raffigurazione delle radici, dall’altro il voler toccare il cielo e gli astri.
Le creature della natura assumono significati simbolici, come nei miti e nelle favole. Il tavolino ha le zampe di un uccello, creature che Meret vedeva come femminili, a differenza dell’idea di molti. Anche la farfalla è allo stesso tempo simbolo di candore e di sessualità. Il serpente, invece, ha per l’artista una connotazione positiva e rappresenta la forza vitale.
La natura e Lugano. Meret Oppenheim visse nel Ticino, tra Lugano e Carona. Da piccola, passava qui le sue vacanze assieme ai nonni. Proprio la nonna materna, Lisa Wenger, fu per lei un modello da seguire sia nella vita privata, che in quella professionale. Era una scrittrice e pittrice che aprì la propria casa alla visita di personaggi famosi, nel campo dell’arte, della musica e della letteratura. Anche Herman Hesse – che visse nei pressi di Lugnao per un perido della sua vita – fu ospite della loro villa, casa Costanza.
La nipote, Lisa Wenger. Alla presentazione era presente la nipote di Meret, che ha lo stesso nome della nonna. Ha raccontato dell’amore di Meret Oppenheim per questi luoghi e per la natura. Amava passeggiare, curare i giardino e trovare ispirazione nella natura per creare le sue opere d’arte.
“Meret cercava ispirazione nella natura per le sue opere d’arte”
Questo è quello che mi piace cercare di vedere nelle mostre d’arte che visito. Con la competenza di chi ha studiato storia dell’arte per qualche anno al liceo, mi piace curiosare e osservare, farmi colpire da forme e colori e leggere tutte le didascalie di ogni singola opera in mostra. Anche io, molto, ma molto modestamente, vado cercando la natura nelle opere d’arte.
Consiglio a tutti di passare una giornata a Lugano – in questo post vi suggerisco un mio itinerario – e visitare questa interessante mostra, aperta dal 12 febbraio al 28 maggio 2017. Maggiori info sul sito del LAC
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