Nel segno dell’anguilla è il libro di Patrik Svensson definito “il caso editoriale della fiera di Londra 2019”. Racconta un animale così poco conosciuto tanto da creare tra gli scienziati un vero caso: il dilemma dell’anguilla.
Un libro originale non solo per il contenuto, ma anche per la forma. Racchiude in sé diversi generi letterari, dalla cronaca famigliare al memoir naturalistico. Dell’anguilla si è sempre saputo poco e la sua biologia non è tuttora conosciuta con esattezza. Ecco perché è in grave pericolo di estinzione e occorrono studi più approfonditi.
Mi ha molto interessato il fatto che l’anguilla è un pesce diverso dagli altri, con un ciclo vitale particolare, tanto da dare origine tra gli scienziati ad un vero e proprio dilemma: il dilemma dell’anguilla. Nel segno dell’anguilla narra del rapporto tra l’autore e il padre col quale andava a pescare le anguille. Tra un capitolo e l’altro della vicenda viene raccontata la storia degli studi di questo strano pesce che ha destato da sempre molta curiosità.
L’anguilla è la curiosità stessa: “L’anguilla può dirci molto sulla curiosità, più di quanto , in effetti, la nostra curiosità possa dirci dell’anguilla” (Tom Crick)
Breve storia dell’anguilla: la sua ambiguità
L’anguilla è uno strano pesce. Non ha una forma come quella dei suoi simili, striscia e assomiglia di più a un serpente o a un rettile marino. Vive in ambienti fangosi di fiume mentre per riprodursi deve compiere un lungo viaggio verso il Mar dei Sargassi.
I popoli antichi e gli studiosi hanno da sempre cercato di capire meglio questo particolare animale. Aristotele sosteneva che le anguille nascono dal fango, mentre secondo Plinio il Vecchio si riproducevano sfregandosi tra i sassi. Per gli antichi Egizi le anguille nascevano quando il sole scaldava le acque del Nilo. Atum, il potente dio creatore, padre degli dei e dei faraoni, era raffigurato con la testa di uomo, il collo del cobra e il corpo lungo e sottile di anguilla. Anche per i Romani, questo pesce era considerato sporco e ripugnante per il fatto di vivere all’ombra, strisciando nel fango come un serpente o un verme.
Nel periodo del Cristianesimo i pesci erano animali considerati portatori di fortuna e protagonisti di molte parabole. Ma non l’anguilla, pesce acquatico senza pinne e senza squame considerato abominevole e la cui carne era vietato consumare. Nei secoli successivi le anguille venivano pescate e ci si nutriva della loro carne. La loro origine restava sconosciuta e molti studiosi ritenevano nascessero per generazione spontanea come i vermi o le mosche dalla carne.
Dell’anguilla non si sa come nasca e fin da sempre si è saputo poco dei suoi organi riproduttivi. Per questo motivo nell’arte e nella letteratura l’anguilla è stata sempre considerata come un essere viscido e spaventoso, una creatura del buio, associata alla parte più inconscia dell’uomo. Nell’antichità le anguille non sono state molto fortunate. Erano poco conosciute e venivano spesso evitate, ma la loro vita era tranquilla: gli uomini le pescavano per mangiare la loro carne ma in quantità limitate.
Il dilemma dell’anguilla
Tra il 1700 e il 1800 lo studioso bolognese di antonima, Carlo Mondini, fu il primo a sezionare e a descrivere le ovaie delle anguille. Iniziò così lo studio scientifico di questi animali e anche il loro paradosso.
Leggendo questo libro ho scoperto che Sigmund Freud, il padre della psicanalisi, studiò medicina e zoologia presso l’Università di Trieste, col professor Carl Claus e iniziò studiando le anguille. Questi animali, a differenza di molti altri, non si potevano allevare e far riprodurre il laboratorio. Occorreva pescare un certo numero di animali, lasciarli vivere finché si poteva e poi studiarli e sezionarli. Freud analizzò circa 500 anguille.
La prima grande sconfitta di Freud nacque proprio dallo studio di questi pesci. Le anguille pescate erano tutte femmine, non si trovava nessun individuo maschio. A Freud pesò questo enorme insuccesso: non essere riuscito a vedere e a descrivere l’apparato riproduttivo maschile delle anguille. Forse da qui sono nati i suoi studi sulla psicanalisi, sul mondo della sessualità e dei sogni.
Altri studiosi si trovarono ad affrontare il dilemma dell’anguilla, un problema che racchiudeva in sé tante domande: come mai le anguille sono solo femmine? Come nascono? Perché si riproducono solo nella zona del Mar dei Sargassi?
Martin Rathke nel 1824 descrive la femmina di anguilla e permette a Freud di proseguire gli studi su questo animale. Nel 1904 Johannes Schmidt con il suo piroscafo fa rotta verso il Mar dei Sargassi per studiare le origini di questi pesci. Anche la biologa Rachel Carson si è dedicata allo studio delle anguille negli Anni Trenta.
Nel ventesimo secolo si conosce meglio la biologia dell’anguilla europea (Anguilla anguilla, L.1758). L’anguilla vive in uno stadio che si può definire larvale per molti anni fino a che matura sessualmente e si trasforma in argentina. In autunno compie un lungo viaggio verso il mare: qui si trasforma per riprodursi e poi muore. Le giovani anguille appena nate dall’uovo sono simili a foglie e vengono chiamate leptocefali. In questo stadio tornano verso i fiumi e i laghi, in un viaggio che può durare anche tre anni. Durante tutta la loro vita sono allo stadio di cieche.
L’anguilla oggi rischia l’estinzione
Nel libro di Patrik Svensson Nel segno dell’anguilla si racconta la pesca dell’anguilla in Svezia. Lo scrittore andava a pescare col padre nei tre mesi estivi. La pesca avveniva con le canne, da riva e sulle barche, e attraverso le nasse lasciate sui fondali.
Oggi si hanno più notizie sulla biologia di questi pesci considerati in pericolo di estinzione. Non è ancora chiaro come mai si riproducano in una sola zona al mondo: quella del Mar dei Sargassi. Le anguille sono pesci molto antichi che esistono fin dalla deriva dei continenti: il loro viaggio era, in origine, molto più breve.
I ricercatori sanno che le anguille nuotano giorno e notte e possono mettere in pratica diverse strategie per evitare i pericoli. Adattano la velocità e la rotta alle proprie capacità individuali. Sono in grado di orientarsi su lunghe distanze e sono molto sensibili ai cambiamenti di temperatura e salinità dell’acqua. Anche se si sa che si riproducono in una certa zona dell’Oceano Atlantico, nel Mar dei Sargassi, lì non sono mai state avvistate anguille in nessuna forma: vive, morte, come cadaveri, nemmeno nello stomaco dei loro predatori.
Le ricerche attuali ci dicono che la situazione delle anguille è catastrofica. Le anguille si stanno estinguendo davanti ai nostri occhi. Perché? Molti fattori incidono sulla scomparsa delle anguille: le malattie, la pesca, i cambiamenti climatici, la loro sensibilità all’inquinamento.
“Per salvarla, dobbiamo comprenderla”. Non è facile stimare il numero di individui di anguille presenti nel mondo. Per questo motivo la IUCN fa fatica ad occuparsene e a stabilire delle regole di comportamento. Nel 2007 l’Unione Europea ha adottato un piano d’azione per cercare si salvare le anguille. Dal 2018 l’UE ha messo al bando la pesca alle anguille in Europa e nel Mediterraneo per tre mesi all’anno.
Oggi si stima che il numero delle cieche che arrivano in Europa sia solo il 5% di quelle che si contavano negli Anni Settanta. L’anguilla europea è stata classificata dallo IUCN come “in pericolo critico”, cioè “corre un rischio estremamente alto di estinguersi in ambiente selvatico”
Le anguille sono pesci ancora tutti da scoprire. Oggi si sa che gli esseri viventi più longevi mai trovati al mondo provengono tutti dal mare. Quindi
“Se davvero esiste qualcosa di eterno, o di quasi eterno, potremmo trovarlo solo in mare”
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