Fico d’India: un frutto, tanti prodotti ecologici

ECOLOGIA

Il fico d’India è una pianta che vive bene al caldo e con poca acqua. Conosciamo i suoi frutti, ma ha mille utilizzi ecologici: dall’ecopelle per borse agli occhiali

La pianta del fico d’India

Il nome botanico della pianta del fico d’India è Opuntia ficus indica ((L).Mill, 1768) È una pianta succulenta dalla famiglia delle Cactaceae. Originaria del centro America, in particolare del Messico, ed è arrivata in Italia dopo le esplorazioni di Cristoforo Colombo.

Nel sud Italia e nel bacino del Mediterraneo, il fico d’India è molto diffuso. Come pianta, può raggiungere altezze di 4-5 metri e il suo aspetto è inconfondibile.

Questa pianta è interessante perché vive bene nei climi caldi e necessita di poca acqua. È un cactus che ha messo in pratica molti adattamenti per resistere in un ambiente difficile e ostile: non ha un tronco principale, i suoi fusti sono le pale del fico d’India, chiamate anche cladodi. Le pale sono verdi e fanno fotosintesi assicurando il sostentamento alla pianta. Le foglie si sono trasformate in spine.

Ogni pala è ricoperta da una cuticola spessa e cerosa. Le pale, le spine, la spessa cuticola sono tutti adattamenti che hanno due funzioni principali:

  • proteggere la pianta dall’attacco di insetti, animali e patogeni
  • ridurre al massimo la disidratazione.

Le pale del fico d’India sono una grande riserva di acqua: per questo la pianta cresce bene anche ai margini delle strade, perché non necessita di particolari cure, né di annaffiature. Le basta il sole, l’acqua piovana e la sua forma adattata a conservare acqua.

Come tutte le Cactaceae, il fico d’India fa una particolare forma di fotosintesi chiamata fotosintesi CAM: assimila anidride carbonica e traspira durante la notte quando le temperature sono più basse e l’umidità è più alta. In questo modo, la pianta è in grado di utilizzare l’acqua con maggiore efficienza rispetto alle piante non succulente.

Il frutto del fico d’India è una bacca carnosa che contiene molti semi. Conosciamo il sapore caratteristico di questo frutto, molto buono da mangiare al naturale, viene coltivato anche per produrre succhi, liquori, dolci, marmellate, conserve. Un frutto che contiene diversi minerali, in particolare il calcio e il fosforo ed è un’importante fonte di vitamina C.

Fico d’India: un frutto, tanti prodotti ecologici

Bioplastica derivata dal fico d’India

Quella del fico d’India è una pianta molto particolare, che si presta a mille utilizzi. All’interno delle sue pale è presente una sostanza mucillaginosa che rappresenta la riserva d’acqua della pianta. Molte persone che hanno iniziato a coltivare fichi d’India si sono chieste:

è possibile utilizzare questa pianta e recuperare i suoi scarti, le sue pale, la parete cerosa della cuticola?

Dal Messico i primi esperimenti sono stati fatti dalla scienziata Sandra Pascoe Ortiz. È nata così la plastica biodegradabile derivata dal fico d’India. Lavorando il succo del fico d’India, estratto dalle pale della pianta, attraverso addensanti naturali, senza sostanze tossiche, si ottiene una pellicola biodegradabile al 100%.

Partendo da questi primi esperimenti ora si sta sviluppando un progetto che prevede una produzione industriale su larga scala. In questo modo si è iniziato a produrre una bioplastica commestibile, atossica, biodegradabile. Una plastica biologica che non inquina, un modo per dare spazio all’economia circolare partendo dalle piante e diminuire drasticamente la produzione di plastica dal petrolio.

In Italia, Loretta Bacchetta è una ricercatrice dell’ENEA che studia i biomateriali. Anche a lei è venuta un’idea a partire dalle pale del fico d’India. In Sicilia, i produttori di succhi e conserve a base di fico d’India cercano il modo di utilizzare la sostanza collosa presente nelle pale di questa pianta. Dall’altra parte, la necessità di avere una malta per lavori di restauro sui beni culturali ha fatto pensare a questa pianta dai mille utilizzi.

Nasce così un progetto per ricavare dalla mucillagine delle pale di fico d’India una sostanza da usare come collante. La mucillagine è di per sé una sostanza collosa: con opportune aggiunte, si trasforma in un buon fissativo, che non viene attaccato dai funghi né dai microrganismi ed è dunque una sostanza molto adatta per le operazioni di restauro dei beni culturali.

Dal fico d’India, borse e occhiali da sole

Se l’utilizzo del fico d’India per produrre bioplastica e collante per il restauro non vi sembra abbastanza innovativo, ecco quali altri mille utilizzi si possono fare con questa pianta.

Dagli scarti del fico d’India si ricava un’ecopelle. Un materiale vegetale che rispetta l’ambiente e gli animali. Ohoskin è uno dei marchi che ha investito sulla produzione di un materiale alternativo alla pelle, ecosostenibile, cruelty-free. L’industria della moda ha già pensato di utilizzarlo per la produzione di borse ricavate dal fico d’India. Anche per quanto riguarda l’arredamento e le automobili, il tessuto Ohoskin è un’ottima alternativa alla pelle e ai prodotti di origine animale.

Ohoskin® è un’azienda di Catania. In Sicilia, i fichi d’India sono molto comuni e molto utilizzati e le aziende agricole cercano di non sprecare nulla di ciò che deriva dalla loro lavorazione. Visto che l’industria conciaria è tra le più inquinanti in assoluto, ecco che si pensa a come applicare a questo settore i principi dell’economia circolare. Nella moda anche l’etica ha la sua parte e si comincia a vedere una preferenza per i tessuti non di origine animale.

Ohoskin utilizza i prodotti di lavorazione delle arance, Orange, e dei fichi d’india, Opuntia: da qui il suo nome in inglese. Dagli scarti deriva una matrice che viene poi spedita in Lombardia per dare forma a tessuti ecologici. Un’unione tra Sicilia e Lombardia che mi sta molto a cuore. Ohoskin è stata scelta come una tra le 25 startup più promettenti del 2021 da Innovation Center di Intesa San Paolo, Assobitec e Cluster Spring.

Il nome del fico d’India in lingua Grika è Sikalindi®. Anche in Puglia, il fico d’India è una pianta molto comune. Cristiano Ferilli ha pensato di utilizzare le pale delle potature periodiche di queste piante per ricavare un materiale ecosostenibile da utilizzare per produrre occhiali derivati dal fico d’India

Attraverso un processo di disidratazione naturale, si ottiene un materiale versatile per la realizzazione di diversi modelli di occhiali. Ogni occhiale Ferilli Eyewear è unico, con le sue sfumature e i suoi colori. E ogni occhiale ha un nome che ricorda un’area della Puglia, un paesaggio, una sensazione naturale: Ostuni, Porto Badisco, Gallipoli, Otranto.

Da una pianta di fico d’India si possono ricavare molti prodotti, non solo legati all’industria alimentare, ma anche a quella tessile e degli accessori. La natura è una fonte inesauribile di idee, colori e sensazioni.

Basta avere un po’ di fantasia e creatività e guardare la natura con occhi curiosi.

 

 

 

Sabrina Lorenzoni

Sabrina Lorenzoni

Biologa ambientale

Blogger e green content writer, mi occupo di comunicazione digitale e divulgazione scientifica nei settori ambiente e biosostenibilità.

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