Continua il racconto della mia giornata oltralpe, in Svizzera, a Mendrisio per la consegna del premio BSI Architectural Award 2014.
Il vincitore di questa edizione è un architetto spagnolo: José María Sánchez García.
Nato a Don Benito, in Spagna, nel 1975, si è laureato in architettura a Madrid nel 2002 ed ora è professore associato di progettazione presso la stessa università. Ha vinto numerosi premi, sia spagnoli che internazionali ed è stato relatore in molte università, tra le tante, alla Cornell University, a Ithaca, New York e al RIBA-Royal Institute of British Architects. Questa la sua biografia completa
Alla conferenza stampa, hanno relazionato l’architetto Mario Botta (Presidente della Giuria del Premio e Direttore dell’Accademia di Architettura di Mendrisio), l’architetto Nicola Navone (Vice Direttore dell’Archivio del Moderno e Curatore della mostra e del catalogo) e la dottoressa Valeria Montesoro (addetta alle relazioni con i media per BSI) oltre al vincitore, naturalmente.
La conferenza è durata esattamente un’ora, come da programma, e si svolta in modo semplice e fluido, e questa mi sembra una caratteristica tutta svizzera da importare anche da noi. Il vincitore era molto emozionato e felice e consapevole della responsabilità di questo premio: d’ora in poi le sue opere saranno prese a modello dagli studenti di architettura, futuri designer di domani. E questi sono i momenti nei quali mi dispiace non aver studiato spagnolo perché avrei potuto capire e conversare di più col vincitore, una persone semplice, che ama il suo lavoro e il territorio.
L’esposizione. Dopo la conferenza stampa ho visitato l’esposizione che raccoglie le opere del vincitore e i pannelli con le tre proposte di ciascun partecipante. In tutto, 27 candidati provenienti da 16 Paesi: 4 candidati dal Giappone, 3 da Irlanda e Brasile, 2 dalla Spagna, Finlandia, Norvegia, Inghilterra e uno per Germania, Olanda/India, Brasile, India, Cile, Colombia, Messico, Svizzera e Italia. Per l’Italia ha partecipato MAP Studio – Magnani Pelzel architetti associati.
Le tre opere del vincitore, come dice la motivazione del Premio:
testimoniano la maturità di un architetto, nemmeno quarantenne, capace di confrontarsi con eguale rigore e precisione con programmi e contesti diversi, dalla riqualificazione del patrimonio archeologico nel tessuto urbano all’insediamento di strutture sportive in un paesaggio suggestivo. I suoi interventi si traducono in un gesto misurato e potente al tempo stesso, che ordina e configura un luogo, evidenziandone le qualità specifiche, con una grande sensibilità nell’interpretazione del sito
La sistemazione dell’area del Tempio di Diana. I resti del Tempio di Diana risalgono a duemila anni fa, sono resti archeologici veri e propri. Difficile confrontarsi con un passato tanto lontano. Il muro perimetrale richiama una pietra artificiale e lascia uno spazio da poter riqualificare in futuro. Quest’opera è molto bella perché rispetta la storicità del Tempio e usa la terra per ricoprire la piazza com’era in origine.
Il Centro di canottaggio, Rowing Centre, ai margini del bacino idrico di Alange. Questo progetto è davvero interessante perché rispetta il paesaggio circostante: l’edificio è in parte incavato nel terreno per lasciare una continuità visiva tra terra ed acqua. Ci sono gli ambienti principali e quelli secondari, separati, con due diversi ingressi, in modo da rendere lo spazio polivalente. La luce attraversa tutta la struttura e i pannelli sono simili a quelli usati nelle fattorie e nelle piccole manifatture locali.
Mi hanno molto colpito le immagini del pastore con il suo gregge di pecore che attraversano tranquilli e indisturbati la zona del centro sportivo: grande segno di integrazione dell’architettura con la vita preesistente.
Il Centro per l’innovazione sportiva “el Anillo” è l’opera più bella e interessante, a mio modesto parere, naturalmente 🙂 L’edificio sorge in una penisola alberata, su un lago artificiale.
Si tratta di un grande anello, con una circonferenza di 630 metri, che si adagia nel territorio, senza disturbare, come se fosse sempre esistito in quel luogo. La geometria circolare permette di avvicinarsi il più possibile all’acqua ed è formata da singoli moduli, separati da spazi aperti. Anche in questo caso i pannelli utilizzati sono gli stessi che si trovano negli edifici circostanti. Il grande anello assomiglia ad un camaleonte perché al variare delle condizioni della luce, variano anche la sua prospettiva, il suo colore e i suoi riflessi.
E così concludo il mio racconto, da non-architetto, ma da semplice visitatrice curiosa di natura 🙂 … e di arte che si immerge nel paesaggio, che utilizza materiali semplici, locali, che rispetta la vita del luogo, sia umana, che animale.
Concludo il post ringraziando tutti i partecipanti all’evento e consigliando di trascorrere a Mendrisio delle belle giornate, visitando l’interessante struttura dell’Università della Svizzera Italiana. Se poi volete un suggerimento eno-gastronomico, vi indirizzo all’Atenaeo del Vino, che ha anche un nome del tutto in tema, oltre ad avere ottime referenze per la sua cucina.
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